PALERMO (ITALPRESS) – Una folla nutrita e commossa ha celebrato uno dei simboli più significativi della lotta alla mafia nell’immaginario collettivo palermitano: don Pino Puglisi se ne andava trent’anni fa, assassinato da Cosa nostra per il suo impegno costante nel combatterla e aiutare i giovani del quartiere di Brancaccio a scegliere la via della legalità e della fede.
Alla commemorazione nella Cattedrale, officiata dal presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi e dal vescovo di Palermo Corrado Lorefice, erano presenti il presidente della Regione Renato Schifani, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla con parte della giunta, la presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo, il prefetto di Palermo Maria Grazia Cucinotta e i rappresentanti delle forze dell’Ordine. Con loro centinaia di palermitani da tutti i quartieri della città, cittadini di altre zone della Sicilia e dell’Italia e anche alcuni turisti; tantissimi anche i ragazzi e le ragazze dei gruppi scout, in rappresentanza di quei giovani che don Puglisi aveva cercato di aiutare a Brancaccio fino all’ultimo giorno della sua vita, il 15 settembre 1993.
La celebrazione è stata introdotta dalla lettura del ricordo del sacerdote da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ha avuto nell’omelia del cardinale Zuppi uno snodo centrale. “Quella di Don Pino Puglisi è una figura importante, perchè dimostra il coraggio di combattere le mafie e aiuta tutti noi a capire come combattere la mafia, che non è solo a Palermo”, ha sottolineato il presidente della Cei a margine della commemorazione.
“La memoria del nostro amato 3P ci raccoglie in questo giorno, 30esimo anniversario della sua morte. Una vita donata a Palermo e alla Chiesa, una vita vissuta come un seme gettato a terra per far germinare il bene, per dare speranza a tutti, per donare un senso e un futuro anzitutto ai giovani della nostra Isola”. Inizia così il ricordo di Lorefice, che alcuni giorni fa al meeting di Rimini aveva raccontato alcuni momenti chiave del suo rapporto con Don Puglisi. “E’ stato uomo e prete di ascolto. Ascolto del suo vescovo, dei confratelli, di quanti hanno lavorato accanto a lui: fedeli laici, consacrate, uomini e donne di buona volontà. Soprattutto, Padre Pino ha ascoltato fino in fondo l’uomo d’oggi: penso ai suoi studi di scienze umane, alla sua costante richiesta alle Assistenti sociali missionarie di fare ricerche sui bisogni del quartiere, penso al tempo che dedicava ad ascoltare ogni uomo e ogni donna, ogni giovane, ogni bambino che incontrava o che a lui si rivolgeva”.
All’ascolto per le persone, prosegue Lorefice, si aggiungeva quello della parola di Dio: “Il Vangelo era la sua forza, lo rendeva prete mite e indifeso, capace però di sfidare il grande male di Palermo: la mafia. Minacciato, consapevole dei pericoli, andava avanti sorretto dal Vangelo. Il sorriso di don Puglisi ai suoi killer, il suo ‘vi aspettavò, contenuto in quel ‘me l’aspettavò, sono una lezione magistrale e genuina di Vangelo vissuto: il nemico accolto con il sorriso. Chi vive fino in fondo il Vangelo non ha paura della morte”.
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