Nel settembre del 2015 Giarre fu sconvolta dall’annuncio del battesimo di un bambino con manifesti di una sfrontatezza inaudita. Gigantografie a sei metri per tre, affisse in punti strategici tra Riposto e Giarre, ma anche in alcuni quartieri di Catania, ritraevano il piccolo con una coppola in testa, accompagnato dalla frase emblematica: “Questa creatura meravigliosa è cosa nostra”. Un vero e proprio manifesto di sfida, che suscitò un’ondata di sdegno e allarme.
Il padre del bambino, Francesco Rapisarda, detto “Ciccio Ninfa”, era già noto alle forze dell’ordine per i suoi legami con la criminalità organizzata. La sua figura, già sotto osservazione, si ritrovò improvvisamente al centro dell’attenzione mediatica.
Il battesimo, inizialmente previsto come un evento mondano con tanto di diretta radiofonica e partecipazione di cantanti neomelodici, fu costretto a subire una drastica riduzione. Il clamore mediatico e le pressioni delle autorità portarono alla rimozione dei manifesti e alla celebrazione del sacramento in forma più privata. Rapisarda stesso, attraverso i social media, tentò di mitigare le tensioni, ma il danno d’immagine era ormai fatto.
Le indagini successive confermarono i sospetti iniziali. Francesco Rapisarda venne identificato come un elemento di spicco del clan Laudani, ricoprendo il ruolo di “ragioniere” del gruppo criminale. Le sue mansioni includevano la gestione dei finanziamenti per i detenuti e altre attività illecite.
Stamane procuratore Fabio Saponara ha chiesto la condanna di Rapisarda per associazione mafiosa, con un ruolo apicale nel gruppo satellite di Giarre. La richiesta di pena è stata di 16 anni e 10 mesi. L’arringa difensiva è stata fissata per il 12 febbraio 2025.