Le dichiarazioni dei pentiti costano una condanna e il processo a quattro pezzi da novanta di Cosa Nostra barcellonese, Giovanni Rao, Salvatore Micale, Antonino Calderone e Sebastiano Puliafito.

Per loro a gennaio scorso è arrivata l’accusa di aver determinato o preso parte a quattro omicidi di mafia, e ieri il giudice per l’udienza preliminare Maria Vermiglio li ha mandati tutti al vaglio dei giudici di primo grado.

Micale invece ha scelto la forma abbreviata, e tornerà quindi davanti lo stesso giudice per essere giudicato in primo grado, senza passare da dibattimento. Era l’unico a piede libero, quando è scattata la retata, 10 mesi fa.

Rao, Calderone e Puliafito erano invece già in carcere. Per loro il giudice ha disposto il rinvio a giudizio, ed ha fissato l’inizio del processo davanti la Corte d’Assise al prossimo 11 dicembre.

Hanno difesi dagli avvocati Tommaso Calderone, Giuseppe Lo Presti, Giuseppe Calabrò e Tommaso Autru Ryolo, mentre a reggere l’Accusa sono i Pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Vito Di Giorgio e Fabrizio Monaco.

Sono stati loro, insieme ai carabinieri del Reparto Investigativo Speciale, a raccogliere e mettere a confronto le dichiarazioni dei collaboratori Francesco D’Amico e Nunziato Siracusa, alle quali a metà dello scorso anno si sono aggiunte le rivelazioni di Aurelio Micale, anche lui pentitosi.

E’ così che è stata fatta luce sui delitti di Giovanni Catalfamo, avvenuto a Barcellona Pozzo di Gotto il 29 settembre 1998 davanti al complesso in cui risiedeva la vittima. Ancora, di Mimmo Tramontana nel 2001, di Stefano Oteri,il 27 giugno 1998 davanti all’abitazione della sorella a Milazzo.

Infine la morte di Santino Bonomo, attirato in una trappola il 12 dicembre 1997 con la scusa di commettere alcuni furti, assassinato ed eliminato con la lupara bianca. Il suo cadavere non è stato più ritrovato, malgrado le indicazioni sul luogo di sepoltura fornite proprio da Micale.

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