Il nuovo prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, insediatosi nel mese di maggio scorso, è arrivato nel capoluogo in un momento complesso, legato alla difficile applicazione di tutte le misure necessarie a evitare la diffusione del coronavirus.

Ospite di un forum dell’Italpress, descrive il suo primo impatto con la città: “Il mio arrivo è coinciso con la vigilia della fase 2 – racconta – e, in quel momento, l’aspetto fondamentale consisteva nel garantire condizioni di sicurezza per la ripartenza. La mia attenzione si è concentrata su come organizzare la riapertura dei negozi, evitando sovraffollamenti negli spazi pubblici, in pratica il ritorno graduale alla ‘normalità’. In questo senso è stata fondamentale l’attività delle forze dell’ordine per garantire una condizione nuova: stare insieme rimanendo distanti. Che per una città a forte vocazione turistica come Palermo, significa anche potersi aprire mantenendo la capacità di non essere investita dal contagio come, invece, è accaduto in altre parti d’Italia”.

“Ci sono segnali incoraggianti sotto questo profilo, ma dobbiamo rimanere vigili”, sottolinea Forlani. “Una bassa circolazione non esclude ulteriori picchi. Da una parte dobbiamo essere soddisfatti, dall’altra dobbiamo osservare comportamenti responsabili: mantenere le distanze e usare la mascherina”.

Palermo è una città dai mille volti, di grande complessità sociale. Come si può, secondo lei evitare, che le difficoltà che il Paese sta vivendo possano trasformarsi in opportunità per la criminalità organizzata?
Questo è l’impegno di tutto il Governo. C’è la necessità di una ripresa ma dobbiamo fare in modo che avvenga nel rispetto delle regole. Penso ai grandi appalti pubblici: dobbiamo garantire che non ci siano intromissioni delle imprese controllate dalla mafia. La fase post lockdown testimonia la ripresa dell’attività criminale. La droga rimane la principale fonte di approvvigionamento, seguita da usura ed estorsioni. A Palermo, le operazioni recentemente concluse hanno evidenziato, tuttavia, che i commercianti si ribellano a Cosa nostra. Qualcosa è cambiato negli ultimi anni e il nostro dovere è continuare a proteggere queste persone e rafforzare questo rapporto di fiducia.

Lei è stato direttore centrale dei Servizi civili per l’immigrazione e come noto la Sicilia è la regione che più di altre in questi anni ha toccato con mano il dramma migratorio. Un dramma reso ancora più evidente dalla pandemia.
Qui in Sicilia il tema principale è quello del primo soccorso e, da questo punto di vista, credo che questa Regione abbia dato sempre prova di grande umanità. Anche oggi, con l’aggravante del covid, sono state messe in campo procedure per garantire da una parte i siciliani e, dall’altra, il dovere di soccorso. La Sicilia non viene lasciata sola nella fase dell’accoglienza e il ministero dell’Interno è impegnato da anni nella redistribuzione degli stranieri sull’intero territorio nazionale e a ricercare forme concrete di partecipazione dei paesi europei.

L’emergenza di questi mesi ha acuito forme di insofferenza sociale già preesistenti al covid: tantissimi i lavoratori in cassa integrazione o che rischiano di perdere il lavoro definitivamente: da Termini Imerese ad Almaviva solo per citare le vertenze più conosciute. Che autunno dobbiamo attenderci?
Il Governo sta affrontando l’emergenza sociale generata data crisi sanitaria con strumenti significativi. E in Sicilia la sottoscrizione delle Zes tra Regione e Stato potrà interessare anche il territorio di Termini Imerese. Poi c’è il tema degli ammortizzatori sociali e del blocco dei licenziamenti messi in campo per arginare le ripercussioni della pandemia nel mercato del lavoro. L’attenzione dell’esecutivo rimane massima gli strumenti ci sono e devono essere utilizzati al meglio.

Da Italpres

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