PALERMO (ITALPRESS) – In un territorio italiano che si presenta come molto complesso, non si può più parlare soltanto di divario tra Nord e Sud Italia, ma vanno analizzate anche le dinamiche interne a un Mezzogiorno che a sua volta racchiude delle disuguaglianze interne in base al territorio. E’ questo quanto emerge dallo studio della fondazione Ebert “Italia disuguale” presentato quest’oggi nella sede di Cgil Sicilia a Palermo in un convegno in cui sono stati esposti i risultati dello studio commissionato alla Friedrich Ebert Stiftung dal sindacato, allo scopo di fornire degli spunti di riflessione su come per superare il pesante gap tra il settentrione e il meridione d’Italia, occorra prima guardare alle asimmetrie del Sud e al fatto che lo stesso Mezzogiorno è esso stesso permeato da dinamiche di forti disuguaglianze, tanto da poter affermare che esistono tre diversi Mezzogiorni nel Sud Italia. Prenderne coscienza per individuare le azioni necessarie a far sì che gli elementi di disparità possano essere superati, è questa una delle missioni del sindacato, in una visione che però deve fare i conti con i due anni di difficoltà a causa della pandemia e i nuovi scenari bellici che rischiano di portare a ulteriori disuguaglianze.
“La scala usata per il nostro studio è provinciale, in modo tale che sia più realistica. Quando si parla di divario, si tratta di un divario nei diritti di cittadinanza, bisogna andare oltre la semplice misurazione di divari economici – ha spiegato il professor Francesco Prota, docente universitario che ha presentato il rapporto della fondazione Ebert – La nostra raccolta dati si è sviluppata su numerose dimensioni, non solo economiche ma di tipo sociale. Il territorio italiano è molto complesso. Le regioni ritenute forti in Italia non sono poi così tanto forti, nel complesso il paese arretra anche nelle regioni del Nord. La Sicilia, da questo punto di vista, è terribilmente periferica. Emerge una forte eterogeneità al Sud e il Mezzogiorno non è un monolite condannato a un destino di arretratezza per il quale non si può far niente. E’ solo un alibi – ha proseguito – In realtà non è solo così. Ci sono aree di forte dinamismo, per questo si possono distinguere tre diversi mezzogiorni: regioni ponte con maggiori prospettive economiche, regioni intermedie con possibilità di sviluppo, regioni dipendenti in difficoltà”.
“Il Covid ha dimostrato che gli effetti di una pandemia che colpisce in egual modo sono in realtà asimmetrici in base al territorio. Ora ci sono le risorse europee – ha aggiunto Prota – non ci sono più scuse per rilanciare il Mezzogiorno. Servono investimenti pubblici, credere che il mercato risolva i problemi delle disuguaglianze è fin troppo ottimistico. Le raccomandazioni politiche per condizioni di vita più eque e coesione sociale – ha concluso – sono investimenti pubblici, supporto all’occupazione, una governance multilivello”. Nel corso dell’evento, ha preso la parola anche il segretario generale della Cgil, Alfio Mannino, che ha sottolineato l’importanza di modificare una certa cultura politica resiliente al cambiamento.
“Se non pensiamo di investire su formazione, specializzazione, sul capitale umano che abbiamo in Sicilia, non vinceremo mai le sfide che abbiamo di fronte. Di fronte agli insegnamenti che pandemia e guerra ci stanno dando, dobbiamo provare a costruire su questo terreno – ha spiegato Mannino – C’è un pezzo di Sicilia che vuole provare a cambiare passo, ma va cambiata la cultura politica di queste regioni del Sud per superare la disuguaglianza. C’è una certa incapacità di ricevere le risposte che noi abbiamo necessità di avere”, ha concluso dando la parola al segretario confederale nazionale della Cgil, Giuseppe Massafra, al quale sono state affidate le conclusioni.
“La pandemia ha modificato alcuni scenari, la guerra cambierà ulteriormente gli assetti e gli equilibri attualmente esistenti: si rischia di aumentare le disuguaglianze sociali andando a pregiudicare la situazione di quei territori che sono già fragili – ha spiegato – La discussione su divari e disuguaglianza si innesta in una Europa in cui tanti cambiamenti stanno modificando il suo assetto. La pandemia aveva dato quell’illusione di una modifica di quel ruolo statico e austero che aveva l’Europa, la guerra ha interrotto questa visione e si sta riproducendo uno schema che non muove un passo avanti su politiche che possano superare i divari sociali. La pandemia – ha concluso Massafra – insegna che abbiamo bisogno di potenziare un sistema di protezione sociale”.

Photo credit: agenziafotogramma.it

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